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Oggi vi parlo di uno dei libri gialli più famosi della storia del genere: La figlia del tempo di Josephine Tey.
È un libro del 1951 e lo trovate in varie edizioni e traduzioni, ma vi includo il link a quella di Rosalia Coci e pubblicata da Sellerio.
L'autrice
Josephine Tey è uno degli pseudonimi di Elizabeth MacKintosh, scrittrice scozzese della prima metà del secolo scorso. Dopo aver insegnato in Inghilterra per vari anni una disciplina simile all’educazione fisica, MacKintosh torna in Scozia per occuparsi prima della madre e poi del padre.
È in questo periodo che si dedica alla scrittura, con varie opere tra cui alcuni spettacoli teatrali, che la porteranno a diventare amica di John Gielgud. La figlia del tempo è l’ultimo romanzo che ha pubblicato prima di morire e da molti è considerato uno dei migliori esempi del genere.
Il libro
Questo romanzo è uno degli esempi più famosi di armchair mystery o, tradotto letteralmente, mistero/giallo in poltrona, perché chi indaga è bloccato a causa di una malattia e non può uscire a trovare indizi. Uno dei gialli in poltrona più famosi è forse il racconto Il mistero di Hunter’s Lodge di Agatha Christie incluso nella raccolta Poirot indaga.
Nel caso del romanzo di Josephine Tey, l’ispettore Alan Grant non solo è bloccato a letto in ospedale, ma si trova anche a indagare un delitto storico i cui indizi si sono persi nei secoli: quello dei principi rinchiusi nella Torre di Londra e, secondo alcuni storici, uccisi dalla zio, Riccardo III. Grant è annoiato e non può muoversi a causa di una frattura alla schiena, ma alcuni amici decidono di portargli dei libri da leggere. Marta Hallard, famosa attrice e sua ottima amica, decide di rendere la sua convalescenza meno noiosa e gli porta vari ritratti di persone su cui il giudizio della storia è diviso e, a volte, ingiusto.
Tra questi ritratti, Grant è sorpreso da uno in particolare, quello di un uomo dal viso compassionevole. Quando scopre che si tratta di Riccardo III, uno tra i sovrani inglesi più odiati e crudeli, ne rimane sconvolto. All’inizio non vuole sentire le opinioni contrastanti di infermiere e amici, convinto che tanti secoli di storia e le informazioni tramandate dai contemporanei non possano essere sbagliate. Grant, infatti, come noi, conosce la storia di Riccardo III tramite i resoconti di Tommaso Moro e l’opera di Shakespeare che lo dipingono come un mostro.
Poco a poco, però, spinto dalla curiosità e da quel viso così opposto all’immagine che tutti hanno del sovrano, Grant inizia a indagare grazie ai libri che riesce a ottenere da varie persone. Si accorge così che alcuni tra gli storici più famosi che hanno accusato Riccardo III non solo non avevano informazioni di prima mano ma non erano neppure suoi contemporanei, come anche nel caso di Tommaso Moro.
Hallard, felice di vederlo mostrare un interesse che lo distragga dalle sofferenze, decide di metterlo in contatto con Brent Carradine, uno storico statunitense che sta lavorando al British Museum. Grazie a vari documenti dell’epoca rinvenuti da Carradine e a vari scambi di opinioni con lo storico, Grant inizia a scoprire informazioni contrastanti che sembrano sostenere la tesi secondo cui Riccardo III sia stato incompreso o, peggio, volutamente descritto come un mostro da chi aveva interessi politici contrastanti.
Questo libro si inserisce perfettamente nel periodo storico in cui è stato scritto. Già dagli anni Venti del secolo scorso, infatti, l’immagine di Riccardo III era stata rimessa in discussione, grazie anche alla biografia scritta da Sir Clements Markham. Questo libro ispirò la creazione nel 1924 della prima associazione in difesa del sovrano, chiamata Fellowship of the White Boar. Il cinghiale bianco (white boar), infatti, era il simbolo del sovrano, come potete vedere nello stendardo della foto qui sotto. L’associazione passò poi a chiamarsi Richard III Society ed è ancora attiva, ecco il sito.
È all’associazione che si deve la scoperta del corpo del sovrano nel 2012. Riccardo III, infatti, dopo essere morto sul campo nella battaglia di Bosworth, vicino a Leicester, era stato sepolto nel convento francescano della zona. Dopo la dissoluzione dei monasteri ordinata da Enrico VIII, il convento fu abbandonato e cadde in rovina.
Col passare dei secoli, le terre sono passate di mano e, dove prima c’era il convento, sono stati costruiti vari edifici tra cui una casa padronale e, più recentemente, degli uffici comunali. È proprio sotto il parcheggio di questi uffici che, nel 2012, sono stati ritrovati i resti di Riccardo III. È stato il lavoro instancabile dell’associazione a localizzare il vecchio convento e a organizzare gli scavi che hanno riportato alla luce il corpo del sovrano.
Sul sito ora sorge il museo dedicato a Riccardo III e vi consiglio la visita. Il piano terra ci racconta la storia del sovrano, della sua famiglia, e della Guerra delle due rose, ma sotto forma di giallo. Al primo piano, invece, la mostra è dedicata alla scoperta del corpo e al suo riconoscimento ufficiale. Alla fine della visita, poi, si può vedere parte degli scavi con una sagoma laser del corpo nel punto in cui è stato rinvenuto.
Nel 2015, Riccardo III è stato ufficialmente sepolto nella cattedrale di Leicester dopo una breve disputa con dei discendenti indiretti che volevano tumularlo a York. Sul sito trovate più informazioni, tra cui dei video interessantissimi sulla scelta dei materiali per la tomba e la sua costruzione. In questa foto la potete vedere com’è ora, in pietra bianca su una base di marmo nero. Sulla base sono incisi il nome, le date di nascita e morte (nel lato nascosto), lo scudo del sovrano e il motto Loyauté me lie, la lealtà mi lega.
Il libro di Josephine Tey è stato uno dei pilastri su cui si basa la rinascita dell’associazione dedicata a Riccardo III e il rinnovato interesse sulla sua personalità. In tanti, infatti, hanno da tempo sostenuto la sua probabile innocenza nell’assassinio dei nipoti e il fatto che fosse tutt’altro che un mostro. Grazie a questo libro e al film con Laurence Olivier di pochi anni dopo, la personalità del sovrano è stata rimessa in discussione e sono iniziati gli studi che hanno portato a uno dei ritrovamenti storici più importanti degli ultimi decenni in questo Paese. Qui di seguito trovate il video in cui Laurence Olivier, nel film che ho appena citato, recita il famoso monologo di Riccardo III.
Cosa ne penso
È un libro complicato, in cui a volte ho perso il filo del discorso perché mi mancavano conoscenze storiche profonde del periodo, conoscenze che magari sono più assodate in chi ha studiato storia nelle scuole inglesi. Nonostante tutto, però, l’ho trovato molto interessante, perché mi ha fatto imparare tanto e mi ha anche fatto venire curiosità sul periodo storico e sul sovrano in particolare, tanto da farmi andare a visitare il museo e la tomba a Leicester per saperne di più. È comunque un giallo particolare, che non ci svela il colpevole alla fine, ma ci lascia il dubbio e ci fa venire voglia di continuare le indagini per conto nostro.
È un libro che ci insegna ad andare oltre le apparenze e a mettere in discussione ciò che ci viene offerto come oro colato. È un messaggio importante sempre, perché ci aiuta a pensare con la nostra testa e a soppesare le informazioni prima di accettarle come vere, ma è ancora più importante nell’epoca attuale, perché fin troppo spesso è facile credere ciecamente a ciò che leggiamo anche se tante volte le informazioni che riceviamo sono manipolate astutamente da chi ha interesse a fornirci una visione distorta della realtà.
E voi, l’avete letto? Lasciatemi un commento!