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Emma recensisce: Traduzione come transumanza

17/09/2021 12:00

Emma

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Emma recensisce: Traduzione come transumanza

Recensione di "Traduzione come transumanza" di Mireille Gansel, un libro che ci trascina in un viaggio fatto di esperienze di vita e di traduzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

Iniziamo la serie Emma recensisce con un libro che ho letto tutto d'un fiato. È stato pubblicato nel 2012, l’autrice è Mireille Gansel e il titolo originale è Traduire comme transhumer ma è disponibile in italiano, Traduzione come transumanza, tradotto da Claude Cazalé Bérard. Per essere precisa, io ho letto la versione inglese tradotta da Ros Schwartz, perché è giusto citare chi traduce ciò che leggiamo.

 

Gansel è una traduttrice cresciuta in Francia in una famiglia ebrea sfuggita alla persecuzione nazista e, fin da piccola si è trovata in un crocevia di lingue: tedesco, ungherese, yiddish. Sono lingue che portano i segni dell’Olocausto, degli spostamenti forzati della famiglia e dell’esilio.

Il libro in breve

È un libro che sa di diario e che parla non tanto di come si traduca ma di come la traduzione dia forma alla nostra vita.

 

L’immagine della transumanza, uno stile di vita nomade alla ricerca di pascoli migliori e più freschi per le greggi, descrive alla perfezione non solo la traduzione ma anche il viaggio in cui ci accompagna il libro. È una transumanza che segue le fasi della vita dell’autrice.

 

Il suo primo contatto cosciente con la traduzione è una scena toccante in cui il padre traduce una lettera in ungherese di un familiare. È un momento di rivelazione per l’autrice e molti lettori cresciuti in famiglie bilingui riconosceranno quella sensazione, l’impotenza del padre che cerca di tradurre nella lingua che ha imparato da adulto e la meraviglia della figlia che scopre la distanza tra le due lingue.

 

Il viaggio continua mentre l’autrice impara il tedesco e poi il vietnamita e così entra in contatto con queste culture per poterle tradurre e avvicinare le persone divise dalla distanza e dalle lingue ma accomunate dalla sofferenza dell’esilio.

Cosa ne penso?

Vi confesso una cosa, ho comprato questo libro vari anni fa e non so perché ho aspettato tanto a leggerlo. Se l’avete nella pila di libri da leggere, spostatelo in cima, non ve ne pentirete. Ho aspettato tre anni e poi l’ho divorato in un pomeriggio perché mi ha stregato. Appena iniziate il viaggio con l’autrice, non vorrete più fermarvi.

 

Come ho detto, non è un trattato sulla traduzione, io lo considero un diario di viaggio, un viaggio fisico ma anche intellettuale che tocca le corde dell’anima di chiunque viva tra due lingue e che descrive la bellezza, difficoltà e poesia della traduzione.

 

E voi, l’avete letto? Lasciatemi un commento.